“Il problema con la fotografia di guerra è che non c’è assolutamente modo di farlo da una certa distanza. Devi essere vicino.”
C. Hondros
Il 1 Luglio 2018 Netflix rilascia un documentario scritto e diretto da Greg Campbell che si intitola “Hondros”. Chris Hondros era un fotografo di guerra morto nell’aprile del 2011 mentre era in Libia a testimoniare con la sua arte, la guerra scatenatasi durante il regime di Gheddafi. Greg Campbell era un suo grande amico e con questo documentario ha voluto celebrare il suo lavoro come fotografo e la sua vita. Il documentario dura 93 minuti ed è una perfetta mistura tra le fotografie scattate durante gli ultimi scenari di guerra che Hondros ha calcato, ed una sua intervista/confessione, durante la quale spiega il suo lavoro, le sue scelte e la sua vita. Il regista inserisce immagini private, come ad esempio le foto di scuola o delle sue prime esperienze come fotografo, che con il tempo sono diventate sempre più importanti fino ad essere candidato più volte al Premio Pulitzer nella categoria della fotografia.
Il documentario prosegue raccontando una delle sue più pregnanti esperienze di guerra. la guerra civile in Liberia (Africa occidentale) del 2003. Chris Hondros era molto affezionato al popolo liberiano e alla loro causa, e attraverso le sue foto cerca di raccontare quanto questa guerra abbia ridotto alla fame e alla povertà, un popolo pieno di speranza e di voglia di attuare un grande cambiamento per la propria terra. Le sue foto parlano di uomini, donne e bambini che imbracciano fucili e marciano per la loro libertà, con ostinazione e dignità, anche in mezzo al fango, all’odore acre dei cadaveri ed alla polvere delle strade non asfaltate. La sua convinzione più grande era quella di portare luce, verità ed interesse in tutte quelle terre martoriate dalla guerra e abbandonate dai loro stessi governi. La fotografia non è solo adrenalina quindi o protagonismo, ma una vera e propria testimonianza di una realtà che noi occidentali quasi non conosciamo, un’arma che mira a tirare fuori il disgusto e la rabbia più profonda, il senso di giustizia. Con le sue foto Hondros cerca di rompere il silenzio contro l’indifferenza umana fotografando per il mondo intero quell’inferno senza fine. Con coraggio partecipò alla guerra aiutando a trasportare i civili in ospedale, perché il suo essere lì non era semplicemente legato ad uno scatto, ma ad un grandissimo coinvolgimento emotivo, ad una enorme voglia di fare comprendere al mondo le condizioni in cui vivono questi popoli, senza alcun filtro. Quando riusciva a superare i suoi limiti e le sue paure, era in grado di scattare foto senza farsi distrarre da ciò che gli accadeva intorno, con una grande presenza di spirito e forza d’animo.
Iniziò la sua carriera scattando foto durante la campagna elettorale di Bill Clinton del 1993, pubblicandole subito dopo. Il suo primo viaggio di guerra importante per la sua carriera fu durante la guerra del Kosovo, dove poi tornò altre tre volte. Ci furono la Nigeria, l’Angola, la Sierra Leone. Lavorò per molto tempo per l’agenzia Getty Imagies, rendendola grazie ai suoi lavori una agenzia di spicco. Fu un eccezionale testimone dell’attacco alle Torri gemelle di Ney York, l’11 Settembre del 2001. Ciò che a Chris interessava era raccontare cosa ci fosse dietro a quel disastro, dal punto di vista politico e umano. Un altro punto focale del suo lavoro è legato all’invasione da parte degli americani in Iraq nel 2003. Fu uno dei primi ad entrare a Baghdad già dal terzo giorno di guerra. Affrontava il pericolo del suo lavoro con sfrontatezza ed ottimismo, convinto di riuscire a superare sempre ogni difficoltà. Era un uomo sopra le righe, creativo e che riusciva ad emozionarsi ed emozionare. Oggi di lui restano le sue foto, i suoi capolavori e la sua storia, raccontata da chi lo conosceva meglio, da chi ha lavorato con lui senza un attimo di tregua, per raccontare quelli che molti definiscono semplicemente una storia, ma che a me piace definire come la verità. Consiglio questo bellissima ed intensa biografia/documentario a chi vuole andare oltre i propri limiti, a chi ha una storia da raccontare purché vera e piena di emozioni, a chi vuole entrare dentro il mondo della guerra, attraverso un’immagine, dei volti, i colori di chi era lì e l’ha vissuta davvero.
Glenda Marsala