Opera prima, ed esordio fantastico di Girloy alla regia per un film inquietante, a metà strada tra un thriller e un noir metropolitano, dove, con parole sue, il regista riesce a sintetizzare la figura del protagonista:”Lou inizia cercando lavoro e finisce per essere il proprietario di un business in espansione. E’ un happy ending per il nostro eroe ma una conclusione da incubo per la società. Ma il vero orrore non credo sia Lou, bensì il mondo che lo ha creato e che lo premia”.
E’ tutto qua il significato del film e il messaggio denuncia che il regista ci propone.
Lou è egoista, cinico, spietato e insensibile di fronte alle sofferenze altrui, disposto a qualsiasi cosa pur di ottenere quello che vuole, un vero sciacallo che lucra e si approfitta degli incidenti altrui, in una escalation in cui si spingerà sempre più avanti rivelandoci la sua azione perversa. Ne esce fuori un vero e proprio mostro, frutto di una società malata che ci spinge quasi alla follia.
Agghiacciante, illuminante, di grande saldezza narrativa, il film ricorda per certi versi Taxi Driver, grazie soprattutto ad una delle migliori interpretazioni di Gyllenhaal della sua carriera. Con la sua trasformazione fisica, magro, a tratti allucinato, e con quello sguardo con gli occhi scavati e spalancati che bucano lo schermo, l’attore è riuscito a diventare antipatico e a darci brividi, dando vita a questo personaggio privo di qualsiasi emozione, privo di qualsiasi umanità, cinico come pochi, inquietante e narcisista all’inverosimile.
La sua spasmodica ricerca del successo a tutti i costi, addirittura, ad un certo punto, può infastidire ed innervosire lo spettatore più sensibile, tanto da potergli augurare una fine ingloriosa.
Ottima anche l’interpretazione di Rene Russo, intensa, inizialmente spaventata da Lou, poi via via, anche lei trasformata ed ammaliata in cinica e perversa.
La sceneggiatura è impeccabile e lineare, ma anche semplice e potente, bella la fotografia, molto realistica, adatta al protagonista, fredda e tagliente, che ci ricorda anche un po’ “Drive”, ma è la regia a colpirci più che positivamente perché Gilroy ha il merito di togliere, anziché mettere, per dare completamente spazio alla monumentale interpretazione di Gyllenhaal, alla perdita di qualsiasi valore etico, e alla spettacolarizzazione dell’informazione ad ogni costo basato sull’ormai famoso “the show must go on”.
Consigliatissimo e da vedere assolutamente.
VOTO 8
Paolo Condurro