Sarah Manning, appena scesa in stazione e dopo una rapida e mal conclusa telefonata, incrocia lo sguardo di una donna, Beth Childs, che dopo qualche attimo si getterà tra le rotaie, schiacciata da un treno in arrivo. Sarah assiste sconvolta ed impotente al suicidio, e mentre ancora ha negli occhi quelle immagini fugge, non prima di rubare la borsa di Beth. Ne assumerà l’identità e la vita, contando sull’incredibile somiglianza tra le due, ben oltre il concetto di “due gocce d’acqua”.
I primi tre minuti di Orphan Black delineano quello che sarà il percorso della serie: colpi di scena in quantità, un ritmo indiavolato e spesso confondente ed una protagonista, Tatiana Maslany, a tutti gli effetti eccezionale e mattatrice della scena. Se in tre minuti sono già due i personaggi che porta in scena, inutile anticipare che non saranno i soli. Questo suggerirà a Sarah che la vita di Beth, di cui ha preso indebitamente possesso, è ancora più pericolosa di quella che aveva prima, che la coinvolgeva in spaccio e vendita di cocaina.
Se l’esordio può ricordarvi Ringer, in cui Sarah Michelle Gellar interpreta il duplice ruolo di una donna suicida e della gemella che le ruba l’identità, siete completamente fuori strada: Orphan Black offre un livello di complessità decisamente più alto, generalmente tenuto a bada dagli autori (sebbene vi siano alcune incoerenze minori e la sospensione dell’incredulità richiesta non è indifferente).
Nella storia confluiranno teorie evoluzionistiche (post)moderne, società segrete da contrastare e progetti scientifici così folli da far impallidire il Dottor Moreau: tutto muoverà contro Sarah e la sua ferma intenzione di ricostruire la sua famiglia, composta dalla figlia Kira (una delle bambine più adorabili del panorama televisivo) e dai suoi parenti adottivi, la madre Mrs S. ed il fratello Felix.
In Orphan Black si tiene il fiato sospeso per la maggior parte del tempo: l’azione e la tensione invadono la scena scombinando le carte in tavola in modo spesso vertiginoso, eppure non è quello l’unico cuore della narrazione: c’è in atto un dramma familiare a più livelli, quello che coinvolge Sarah e la figlia ma quello, più ampio, che unisce le figure che misteriosamente somigliano alla protagonista. In mezzo a tanto movimento non mancano i momenti comici, affidati a personaggi decisamente sopra le righe, che permettono allo spettatore di recuperare ossigeno per tuffarsi nuovamente nelle complesse trame della serie.
Il comparto sonoro è scelto con sapienza, alternando motivi ansiogeni e dissonanti durante l’azione a suoni più rilassanti e chill nei momenti familiari. Gli autori si sono avvalsi della consulenza di un’esperta di bioetica per trattare i temi della serie, lasciando intuire una notevole cura del dettaglio.
Simile cura si trova nei titoli delle puntate: quelli della prima stagione provengono da “L’evoluzione della Specie”, testo di importanza capitale di Charles Darwin, nella seconda si attinge da “Novum Organum” di Francis Bacon, rilevante libro filosofico del 1620. La terza stagione si appropria di parti dell’ultimo discorso di Eisenhower alla nazione, infine la quarta utilizza le parole di “A Cyborg Manifesto” di Donna Haraway, docente e filosofa che studia il rapporto tra scienza e identità di genere. Non è solo un esercizio letterario, in quanto i temi delle singole stagioni sono palesemente ispirati dai testi citati.
La produzione è a firma BBC America (con il network canadese Space), una garanzia di qualità evidente. Alcuni buchi nella sceneggiatura non danneggiano troppo il valore della serie, che sta per concludersi con la quinta stagione (su Netflix sono disponibili le prime 4). La serie è da guardare rigorosamente in lingua originale, per poter cogliere l’incredibile lavoro svolto da Tatiana Maslany sulle caratterizzazioni dei vari personaggi interpretati: non solo l’aspetto fisico, ma diverse voci, accenti e movenze. La performance è talmente eccelsa da esser stata premiata con ben 23 vittorie ed altre 29 nomination nei vari “Awards” di USA e Canada.
Orphan Black è una serie che vi intratterrà senza darvi pausa, spingendovi a proseguire in nome del più sfrenato binge-watching. Ma saprà anche offrirvi momenti romantici, dolci o assolutamente divertenti, pur non calando mai il ritmo. Vi troverete invischiati nella visione prima di quando pensereste e più di quanto vorrete ammettere: è un guilty pleasure di ottima fattura, in cui fantascienza e dramma familiare si alterneranno senza soluzione di continuità.
Piccola curiosità finale: Maria Doyle Kennedy, che interpreta Mrs S., è anche una celebre cantante folk irlandese, tra le coriste del film musicale di culto The Commitments di Alan Parker. Recuperatelo.