Creato da John Logan, prodotto da Sam Mendes per Showtime. Logan trovava piacere nel perdersi tra le pagine della narrativa classica. L’idea originaria venne dal capolavoro di Mary Shilley. “Chi è il mostro, Victor o il suo abominio?“, una dualismo interessante da raccontare.
La trama si erge intorno alla misteriosa e tormentata Vanessa Ives, caratterizzata da un’intensa e viscerale interpretazione di Eva Green. Ives arriva gradualmente ad incarnare quello che è Penny Dreadful: emarginati che cercano di accettare il loro sofferente destino nel procedere incerto, sofferto, per inoltrarsi nell’oscurità attraverso serpeggianti percorsi che abbracciano la vita e rifuggono la normalità.
Essere toccati dal demonio. È come essere stati toccati dal dorso della mano di Dio.
Penny Dreadful reinventa la fine del XIX secolo, ci descrive uno squallido focolaio di oscure presenze nel quale prendono vita creature dell’orrore e di fantasia; una visione torrida, evanescenza di morte e dissolutezza. Uno show che progredisce trovando un equilibrio shakespeariano tra esseri bivalenti, mostruosi ma anche vulnerabili, fragili e feroci, mendicanti di luce condannati a dissolversi nelle tenebre.
La Londra vittoriana è il centro della scena, una città vittima e carnefice di sorprendenti contrasti. Nuovi edifici seguirono l’evolversi di progresso e benessere dato dall’introduzione di grandi innovazioni tecnologiche, ma sullo stesso binario crebbero anche le baraccopoli; terribilmente sovraffollate, dove la gente viveva nelle peggiori condizioni immaginabili.
La telecamera ci introduce sapientemente tra luoghi e personaggi della serie. Timothy Dalton interpreta il famoso esploratore Malcolm Murray che, grazie alla collaborazione di Vanessa Ives, cerca di ritrovare la figlia scomparsa in circostanze inspiegabili. Un ulteriore aiuto viene dato da Ethan Chandler (Josh Hartnett), artista delle pistole presso uno spettacolo circense. Seguono le prime indagini, il dottor Frankenstein (Harry Treadaway) ed i suoi esperimenti, i primi intralci. La creatura, l’apice nel testamento assoluto delle capacità di Rory Kinnear, un insieme di delicate contraddizioni umane che artiglia la sua esistenza nelle fessure più dolorose dell’anima. Dorian Gray (Reeve Carney), uomo di snervante bellezza, schiavo corrotto di un corpo immortale. Brona Croft (Billie Piper), prostituta consumata dalla tubercolosi, oppressa dalla misoginia dei tempi e vittima della sua sanguinosa ossessione di rivalsa morale.
Gradualmente ci vengono introdotte le figure più importanti della classica letteratura horror. Episodio dopo episodio, assistiamo i personaggi ergere grottesche mura per difendersi dalle proprie colpe, fronteggiare le conseguenze della loro condizione. Crogiolarsi tra dialoghi che poche serie hanno osato coltivare; fede, salvezza, redenzione, la nostra responsabilità verso il prossimo e la speranza universale di essere accettati ed amati.
Daniele Orrù