Il film che ha concretizzato l’estetica del delitto e consacrato Norman Bates ad icona.

 

Marion Crane, una bella impiegata ruba quarantamila dollari e fugge. Cambia la macchina, si trova nel mezzo di un temporale e decide di passare la notte in un motel, il Bates Motel di proprietà di Norman Bates.

Psycho non era certo il migliore dei film di Hitchcock, ma a volte, le vie del culto percorrono strade misteriose.

Negli anni Sessanta la pratica dell’inconscio non era certamente una novità, lo scalpore c’era già stato nel 1944 con “Io ti salverò”, ma Anthony Perkins aveva dato un’interpretazione di tale efficacia, da divenire da quel momento il più famoso “pazzo” della cinematografia mondiale.

La suspense presente in Psycho è rimasta insuperata in tutta la storia del cinema.

Le docce dei motel, da quel momento, vennero viste con ansia.

 

Molte persone, anche a distanza di molto tempo, provarono (e provano tutt’ora) un certo disagio a fare la doccia all’interno di tendine di quel tipo e non è un caso che Hitchcock costruì il film proprio partendo da questa scena, che doveva rappresentare una sorta di “shock” per gli spettatori, al quale poi sarebbero seguite scene di minore intensità, rese però più forti proprio dal ricordo del precedente trauma.

 

Ma Norman, magistralmente interpretato da Anthony Perkins , non è il vero protagonista.  Psycho è una sorta di incrocio in cui si scontrano le storie, le vite di pochi personaggi.

Come nei titoli di testa – creati da Saul Bass – i nomi degli attori si dividono in più parti, si disgregano fin quasi a perdere riconoscibilità, così accade per i personaggi del film

Psycho è, e rimarrà a perpetua gloria, tra le pagine più indimenticabili della storia del cinema, non solo per la sua importanza prettamente cinefila ma per il significato che ha avuto e continua ad avere per filmmakers di ogni dove, ancora attratti morbosamente dal picco forse più alto del maestro del brivido, Sir Alfred Hithcock.

La Rouquine

Psycho (1960) – Recensione film
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