Michael Hirst è sempre stato un grande amante dei drammi storici e ha trovato la sua carta vincente nell’esplorazione della cultura vichinga. Una piccola parte della sua mitologia ci è stata tramandata tramite gli scribi dei monaci; la stragrande maggioranza è frutto di tradizione orale e, per sua natura, vittima di esagerazioni e reinterpretazioni. Hirst si è sempre dichiarato entusiasta per tale carenza di informazioni, poiché gli ha permesso di lasciar scorrere la propria licenza creativa, facendo di Vikings un resoconto storico che ha saputo raggiungere milioni di spettatori in tutto il mondo.
Alcuni studiosi di storia medievale non hanno tardato ad esporre alcune incongruenze, nonostante accettino che un qualsiasi adattamento storico sia schiavo di ipotesi mescolate a fatti reali. Alcuni esempi: l’uso improprio della parola vichingo, traducibile in pirata, nome attribuibile solo ai facenti parte della categoria; la compressione del tempo riferita ad alcuni avvenimenti; infine, lo stile di combattimento totalmente differente: i vichinghi infatti utilizzavano in prevalenza lo scudo, mentre la spada veniva considerata tatticamente secondaria. Niente che possa intaccare la qualità di Vikings.

Vikings si basa sulla saga di Ragnar Lodbrok: racconto di eventi che, presumibilmente, ebbero luogo circa 1200 anni fa. Cronaca di un’era intrisa di lotte tribali e scontri sanguinosi, brutale ma nel contempo pervasa di ricerca spirituale.  Il ruolo del protagonista è toccato a Travis Fimmel: una vera fortuna il quasi sconosciuto attore, la cui carriera iniziò come modello per uno spot di Calvin Klein.

L‘episodio pilota risulta alquanto goffo, per la miscela di accenti poco coerenti ed una recitazione altalenante; ma Vikings si evolve in ogni puntata, quasi a rappresentare la messa a fuoco della visione di Hirst. I personaggi acquistano spessore, le prime battaglie rincuorano lo spirito guerriero e l’introduzione di nuovi personaggi scuote il tessuto stesso di quell’universo.

Ragnar ci viene presentato come un agricoltore, ruolo troppo limitato per chi sogna nuove rotte verso mari inesplorati. Nonostante il dissenso dello jarl, il consulto del veggente lo sprona a perseguire i suoi intenti;  con la promessa di ricchi bottini riceve supporto dal carpentiere Floki (Gustaf Skarsgård). Una nuova generazione di barche è il primo essenziale passo verso nuove ricchezze da saccheggiare.  Lo scontro tra fedi e culture ha inizio.

Rollo (Clive Standen), fratello di Ragnar, non tarderà unirsi allo stesso per navigare verso nuove terre ricche di tesori. La sua figura è storicamente ispirata da Hrôlfr, detto Göngu-Hrólfr, meglio conosciuto con il nome di Rollone: un condottiero normanno, jarl, conte di Rouen e capostipite della Casa di Normandia. Fu soprannominato il Camminatore poiché, secondo la Saga di Harald Harfager dello storico Snorri Sturluson, la sua straordinaria stazza gli impediva ogni cavalcatura.

Uno dei fatti più sorprendenti è la rappresentazione delle donna come figura indipendente e parte attiva nella cultura vichinga: godeva di maggiore libertà, una particolarità notevole sopratutto se paragonata alla corrispondente epoca medievale europea. Lagertha (Katheryn Winnick), moglie di Ragnar, rappresenta l’esempio più lampante dell’emancipazione femminile: sarà lei, armi in mano, a prendersi carico del mostrarci il reale significato di donna vichinga.

History Channel ci ha regalato un ottimo prodotto, figlio di una grande conoscenza cinematografica, degno di confrontarsi con le serie più blasonte. Puro intrattenimento sapientemente miscelato con la storia, uno spettacolo a cui è difficile rinunciare.

Daniele Orrù

Vikings: storie di Dei e Culture
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