Zodiac, un titolo semplice che riprende il nome dell’assassino che seminò il terrore per parecchi anni a San Francisco a cavallo tra i Sessanta e i Settanta.
Killer spietato, apparentemente poco logico, che colloquiava tranquillamente con i media in cambio di “visibilità”
E’ stato il caso irrisolto per eccellenza, uno dei criminali entrati di diritto nel (nero) immaginario collettivo americano.
Una specie di Jack lo Squartatore made in USA, piombato di forza, insieme a Charles Manson, a macchiare di sangue i sogni di peace and love della generazione hippie.
Era prevedibile che un regista che del nero ha fatto il filo conduttore della sua carriera come David Fincher , decidesse di rendere conto cinematograficamente della storia di Zodiac : serial killer inafferrabile e mai catturato, assassino “mediatico” per vocazione e moderno babau per i giovani cresciuti nella Baia di San Francisco negli anni ’70.
Il killer Zodiac, che imperversò praticamente indisturbato, seminando il terrore tra giovani coppie e padri di famiglia, nella baia di San Francisco tra la fine degli anni ’60 e la metà del decennio successivo.
Il protagonista del film non è lui, ma altri tre personaggi: un vignettista del San Francisco Chronicle che grazie al suo intuito e alla sua mente “enigmistica” diviene il principale esperto del killer in questione (Jake Gyllenhaal) , un giornalista dello stesso quotidiano, oggetto delle stesse minacce (Robert Downey Jr.) e un ispettore, Daniel Toschi (Mark Ruffalo).
Tre personalità completamente differenti che sono accomunate da un unico fattore: l’ossessione per Zodiac che riesce a rovinare le loro vite private.
Il sottofondo rimane quello della tensione, creata attraverso le parole più che con i fatti.
Ne risulta un film perfettamente bilanciato, costruito benissimo, dove l’aria si taglia con un coltello; è un film che prende, coinvolge nella sua costruzione perfetta.
Uno degli argomenti che più stuzzica i pruriginosi appetiti delle folle è la morte, specie se violenta, specie se seriale, specie se condita di particolari decisamente anomali.
In Zodiac non ci sono eroi, soluzioni dritte, trionfi, e neppure il fascino perverso del serial killer, a cui ci hanno abituato i Lecter, prima, i Jigsaw poi.
È la paura che è destinata a restare, anche se dopo un po’ la si dimentica, che dalle prime pagine dei giornali scivola via, riducendosi a qualche trascurabile trafiletto.
La Rouquine